È forte davvero chi riesce a superare se stesso. È forte davvero allora il Napoli, ieri vittorioso in uno Stadio nel quale in passato aveva lasciato pezzi di Champions e tricolore sparsi, per quella oramai obsoleta mentalità dei fantastici perdenti. Oggi è solo un ricordo venir meno, aver paura. Anche le bestie nere diventano cuccioli tenerissimi. Non c’è avversario che tenga.
Troppa è la distanza in campo tra gli azzurri e i rivali, ed è certificato dai numeri: 62 punti in classifica a quindici giornate dalla fine (nemmeno la Juve dei record di Conte ne aveva fatti tanti alla 23esima); media di 2,69 punti a partita che in proiezione fanno 102 finali; 56 reti all’attivo, superando il proprio record di marcature dopo 23 gare (55 nella stagione 2016/17) che fanno miglior attacco e miglior difesa con 15 gol subiti, l’unica altra squadra capace di incassare così poche reti a questo punto della stagione è stata la Juventus nella stagione 2017/18, + 18 lunghezze sulla seconda.
È un dominio, anzi molto di più, una tirannia, quella certificata dalle immagini post Sassuolo. Una forma di potere cruenta in campo e nelle statistiche, riconosciuta e apprezzata fuori. Non solo il Napoli che viaggia per l’Italia, seguendo le tappe tricolori come un Giro d’Italia, regala gioie ai napoletani sparsi per il Belpaese, bensì emoziona anche gli estranei. Gli azzurri piacciono. E non parliamo dei favori dei media o dell’opinione pubblica, condannati ad osannare, ma degli amanti del calcio che popolano gli stadi che sanno dar ancora valore al gioco, alla bellezza della coralità e dei gesti tecnici, all’attitudine vincente. Ieri a Reggio, supporter neroverdi applaudivano gli azzurri e questo capita sempre più spesso in ogni dove. I cori beceri sono di alcune frange, l’ammirazione è universale.
Chi ama questo sport non può non godere del Napoli, va oltre i colori. Alcuni giocatori tesserati da grandi club italiani ci hanno confidato di non aver mai visto nulla di simile e di provare un pizzico di sana gelosia per non essere capaci di replicare quell’arte di gioco. Quella maestria leggera che ha permesso ieri agli azzurri di superare il Sassuolo come un esame del quale hai già le risposte: Kvara e Osimhen.
Ieri il georgiano sembrava sceso dal cielo. Era in evidente stato di grazia, era un Re Mida. Al dodicesimo ha indirizzato la partita e siglato il suo decimo gol in campionato, con un’esecuzione da cineteca, una di quelle che manderanno negli anni a venire quando si celebrerà la sua grandezza. Ha raccolto il pallone sulla linea di centrocampo entrando dentro al campo, con il primo tocco – un sombrerino – ha evitato il primo avversario passandogli all’esterno, ha pattinato sulla scivolata da dietro di Laurienté, e come fosse sul ghiaccio si è involato verso la porta, puntando il suo diretto marcatore, incrociando delicatamente sotto le sue gambe a Consigli battuto. 1 a 0 e Kvaratskhelia che si fa un po’ Best, un po’ Cruijff, un po’ più grande.
A chiuderla venti minuti dopo ci ha pensato un tarantolato Osimhen. Il nigeriano se non fosse stato sostituito da Spalletti, ieri, avrebbe corso fino a sotto la doccia. Guai a chi deve prenderlo, a chi deve seguirlo nei suoi moti nevrastenici, elettrici. Era sulla destra quando è sbucato tra Erlic e Tressoldi per conquistarsi un pallone balordo lanciato da Rrhamani. Testa a terra è andato dritto trascinando anche l’erba con sé, e poi defilato, da posizione impossibile, ci ha provato, calciando una sassata sul primo palo. Consigli che forse si stava rifacendo gli occhi di cotanta potenza mista a velocità e tecnica, poteva far di meglio. Ma tant’è, 2 a 0. Con l’attaccante mascherato a segno per la settima partita consecutiva, primo nella storia del Napoli dall’era dei tre punti, superato Higuain fermo a sei, e tra l’altro capocannoniere indisturbato della Serie A con 18 reti.
A quel punto il match non aveva più nulla da raccontare, quando in campo ci sono quei due, che hanno continuato a spruzzare di champagne l’erba del Mapei, devi solo stare a guardare. Ma è stato un Napoli meno guardingo, meno gestore degli ultimi tempi, è tornato a proporre di più, a muoversi, ad andare a cento all’ora e ad essere più propositivo, portando sempre tantissimi uomini sopra la linea della palla e aggredendo nei primi 5’ secondi a palla persa per riconquistarla. Non è un caso che questa riassetto sia avvenuto in questo momento, a ridosso della Champions. In Europa il ritmo è più alto, e le prove sagge ma a risparmio energetico delle scorse partite non sarebbero state allenanti. In Europa per vincere si corre, e il Napoli sa come si fa, ha ricominciato a farlo per questo: per vincere.
Per onor di cronaca, una menzione al Sassuolo che ha disputato una partita degna. Ha approfittato di un Napoli a trazione anteriore per creare qualche grattacapo alla difesa azzurra: ha colpito un palo con Laurienté (migliore in campo dei suoi ma non più sorpresa), che poi ha segnato anche il gol dell’1 a 2, annullato dal Var per fuorigioco di Drefel in posizione attiva, è stato presente dalle parti di Meret. Non è bastato, ma non è una novità.
Come nulla sembra bastare a questo Napoli, troppo per la Serie A, pronto per il palcoscenico delle grandi occasioni. Perché quella coppia lì e forse la più del mondo e ci dispiace per gli altri ma la tristezza di vederli mettere in atto non replicabili potrebbe allargarsi a macchia d’olio sul Vecchio Continente.
Carlo Iacono, direttore Sport del Sud